Troy, quando il mito si fa pellicola

Troy, quando il mito si fa pellicola

Tra i film di più grande successo della storia del cinema, dalla consistente durata di tre ore ed oltre, Troy è il tentativo del regista Wolfgang Petersen di portare sul grande schermo il più celebre poema dell’antichità, l’Iiade di Omero. Per farlo, aveva radunato quello che già agli inizi degli anni Duemila (il film venne presentato nelle sale americane nel 2004) era un cast di tutto rispetto: Brad Pitt nei panni di Achille, Eric Bana in quelli del suo rivale Ettore, Diane Kruger prestava il suo volto alla bellissima Elena, Orlando Bloom al coraggioso Paride. La figura di Ulisse era invece affidata a Sean Bean.

brad pitt in Troy

Accoglienza

La produzione marcata Warner Bros ebbe un buon riscontro economico, e il titolo ebbe addirittura una candidatura agli oscar per i costumi l’anno successivo, malgrado non siano mancate le critiche per la poca attinenza con il poema omerico e con la mitologia greca, mal rappresentata, o meglio, non rappresentata proprio, per una scelta difficilmente comprensibile, visto che gli dei sono il motore della narrazione. Vediamo allora la trama.

La trama di Troy: un fallimento prevedibile?

La trama è probabilmente il punto debole del film, frutto di una scrittura poco attenta ai dettagli, un iter produttivo molto sofferto, la decisione di sacrificare la veridicità e l’attinenza storica per decisioni difficilmente condivisibili. Le critiche maggiori piovvero sullo sceneggiatore, Benioff, che si macchiò di alcune colpe.

  1. rappresentò la guerra come un’operazione militare lampo, invece che la campagna decennale del poema (questa decisione è stata anche frutto della scelta della produzione di fare un solo film, quando ne erano previsti due).
  2. Inoltre, forse per andare incontro al pubblico con una dubbia semplificazione, ridusse tutta la trama alla lotta tra il bene e il male. Il primo ruolo venne assegnato ai Troiani, guidati da un Ettore senza macchia e senza paura, un vero supereroe, mentre i Greci sono i cattivi, capeggiati da un tirannico Agamennone, lontano parente del complesso personaggio omerico, che rende insopportabile la fazione degli Achei. Perfino Menelao, personaggio positivo nel poema epico, diventa qui un bulletto di provincia, una specie di caricatura viziosa e solo negativa.
  3. Dove la trama fallisce maggiormente, però, è nel voler rendere Paride un personaggio positivo, una decisione che cozza così tanto rispetto al personaggio del poema da far storcere il naso a chiunque, mentre il rapporto che si stringe tra Patroclo e Achille è così banalizzato e semplificato che difficilmente è possibile immedesimarsi e provare ammirazione e empatia per i due.
troy - recensione film

In cosa Troy funziona e perché vederlo

Se fino a qui gli aspetti negativi sono molti, bisogna mettere sul piatto della bilancia gli aspetti positivi di una pellicola forse fin troppo criticata. Non è un caso se i costumi ebbero una nomina all’Oscar: Bob Ringwood, che si occupò di scenografie e vestiari, fino ai più piccoli dettagli, ha firmato un autentico capolavoro. Tutto è credibile e funzionale alla trama, aiuta lo spettatore ad immergersi nelle scene e a capire come fossero la vita e la guerra dell’epoca.

Allo stesso modo, un Brad Pitt in grande spolvero ha forse regalato al pubblico una delle più grandi interpretazioni di uno dei personaggi più famosi, amati e conosciuti dei poemi omerici, quella di Achille. Il celebre attore, che rivelerà poi di essere stato obbligato a girare il film a causa di un contratto, e che sarà molto critico riguardo ad esso, ha comunque svolto un lavoro magistrale: il celebre eroe appare in tutta la sua fragilità e insicurezza, tormentato da un sogno irraggiungibile d’immortalità, a cui si accompagna una grande malinconia.

Infine, i momenti che valgono la pellicola sono quelli di combattimento: le due battaglie campali e il duello tra Ettore e Achille sono momenti di grande cinema, e non sembra essere un caso se sono anche le parti in cui il film è più attinente al poema omerico. Forse su questo bisognerebbe riflettere, se si volesse ritentare l’impresa di “portare al cinema” Omero.