Gravity: una storia del cinema che guarda alle stelle – Recensione
Un film imperdibile per gli amanti dello spazio, Gravity ha segnato una pagina importante nella storia del cinema che guarda alle stelle. Un grande cast, un’ottima regia e, soprattutto, un comparto tecnico e di effetti speciali notevolissimo, hanno permesso a questo film di guadagnarsi uno spazio importante nella cultura cinematografica dello spazio.
Cast e produzione
Gravity è un film particolarissimo, dove i personaggi visti dallo spettatore alla fin fine sono solo due: Matt Kowalsky e la specialista di missione Rian Stone. Parliamo di una science fiction che strizza l’occhio al thriller, che ha raccolto un ottimo cast, che vede Sandra Bullock (di cui abbiamo già recensito La casa sul lago del tempo) e George Clooney a prestare il volto a questi due personaggi. Ed Harris è invece la voce di Houston, che comunica con i due astronauti man mano che la situazione peggiora, e Orto Ignatiussen che parla dalla terra.
Eravamo nel 2013, e Warner bros utilizzò Gravity per aprire la 70ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, venendo proiettato in anteprima mondiale il 28 agosto 2013 nella Sala Grande del Palazzo del Cinema di Venezia. Gravity è una pellicola breve, che dura solamente un’ora e mezza, ma dal grande impatto emotivo e sentimentale.
La trama di gravity
La storia si apre con tre astronauti intorno ad un satellite, mentre effettuano delle riparazioni all’esterno. La specialista di missione Rian Stones non è un’astronauta, ma ha solo seguito un veloce corso per la NASA, ed è stata mandata con l’espertissimo Kowalsky nello spazio proprio perché l’unica a saper compiere questa operazione.
Tutto sembra andare bene quando la voce di controllo da Houston avvisa che l’esplosione programmata di un satellite russo ha provocato molti più detriti del previsto, che rischiano di colpirli. La situazione presto si fa più grave, e i detriti colpiscono gli astronauti mentre sono ancora fuori dalla loro navicella. Inoltre, altri satelliti sono danneggiati o distrutti, e il contatto con la Terra è presto perso. I danni alla nave sono irreparabili, e nell’impatto con i detriti la tuta del terzo astronauta si spacca, condannandolo a morte.
I due sopravvissuti iniziano una camminata spaziale lunghissima verso la nave spaziale russa, la più vicina, guidati dall’unico jetpack funzionante, quello di Kovalsky. Questo porta ad un susseguirsi di tentativi per fuggire, salvarsi, passare da un mezzo di salvataggio ad un altro, tentare un rocambolesco ritorno sulla Terra. Stones dovrà essere capace di superare sé stessa e tutti i suoi limiti e le sue paure per poter tornare a casa, per potersi salvare.
Punti di forza e debolezza
Partendo da ciò che non va, possiamo dire che la trama è praticamente inesistente. Tutto il film gira attorno all’avventura di Stones, che deve salvarsi dalla tragedia per poter sopravvivere e tornare a casa. Si passa allora da un guaio all’altro, da un problema a quello successivo, fino all’emozionante conclusione. Anche i personaggi sono davvero pochi, e forse si poteva fare di più per approfondirne le caratteristiche e i comportamenti, soprattutto per quanto riguarda Kowalsky.
Dalla sua, invece, Gravity ha una recitazione e una regia di primissimo piano, in grado di regalare scene dall’alto impatto emotivo e simbolico. Quando Rian torna nella navicella russa, ad esempio, e si toglie la tuta iniziando a girare su se stessa per l’assenza di gravità, sembra rappresentare una seconda nascita, una ripartenza, una resurrezione. Anche grazie alla brevità della pellicola e alla continua tensione che si sperimenta, è davvero impossibile annoiarsi, ma è anche impossibile non empatizzare con la protagonista, sfortunata in tutta la narrazione.
Infine, bellissimo il messaggio che Gravity vuole far passare, usando le sventure dei due astronauti come pretesto per veicolare due importanti messaggi. Il primo, più banale, è quello di non dover mai mollare, perché anche quando le speranze sembrano crollate c’è sempre qualcosa che si può fare per rialzarsi in piedi. Il secondo è che, perché questo possa accadere, dobbiamo anche imparare a lasciar andare alcune cose che ci sono accadute in passato.